Un bilancio dei primi quattro anni di festival con la direttrice della Fondazione Pasquale Battista
Accanto a Cosimo Terlizzi, che vestirà il ruolo di presidente, e a Simone Bozzelli (qui e qui le loro interviste), siederanno in giuria per l’edizione 2019 di The Next Generation Annalisa Zito e Beatrice Fiorentino.
Annalisa Zito è la direttrice della Fondazione Pasquale Battista, che promuove The Next Generation dalla sua prima edizione, nel 2016. In quell’anno, Annalisa Zito chiede a Tita Tummillo – che conosceva già come co-direttrice del BIG Bari International Gender Film Festival – d’immaginare e prendere la direzione di un concorso rivolto ai giovani talenti cinematografici del territorio. È così che è nato The Next Generation Short Film Festival, che con il sostegno della Fondazione Pasquale Battista, la direzione artistica di Tita Tummillo e Velia Polito, e il supporto dei partner Alice Area Arti Espressive, Apulia Film Commission, Accademia Cinema Ragazzi Enziteto insieme al patrocinio di Regione Puglia e Comune di Bari, in quattro anni è cresciuto (da locale è diventato un festival nazionale) e ha saputo accogliere nuovi orizzonti semantici e stilistici, dando voce a videomaker emergenti.
Con lei abbiamo fatto un bilancio di queste prime edizioni e iniziato ragionare sui possibili sviluppi futuri.
Com’è nata l’idea da parte della Fondazione Pasquale Battista di promuovere un festival di cortometraggi?
La volontà della Fondazione di promuovere, sin dalla sua costituzione nel 2016, un concorso/festival dedicato alle produzioni video di professionisti affermati o emergenti che abbiano sperimentato la formula stilistica e narrativa del cortometraggio, formula complessa e spinosa, nasce, come spesso accade, da una passione intima, personale.
Il cinema è un rituale collettivo sia nella produzione – che si avvale dello sguardo, della creatività, della sapienza di molteplici figure (sceneggiatori, registi, montatori, tecnici, maestranze, costumisti…) – sia nel godimento da parte degli spettatori, fatto della tappezzeria dei sedili, del buio della sala, dei colpi di tosse nei momenti inopportuni, delle emozioni simili o contrastanti che attraversano il pubblico. Con le visioni private, lo streaming, il digitale, gli abbonamenti ai canali a pagamento, rischiamo di perdere uno dei più preziosi e significativi fulcri di scambio e aggregazione delle comunità locali, stiamo perdendo un rito sociale oltre che un’opportunità culturale.
Attraverso i corti, vorremmo riportare soprattutto le giovani generazioni a godere del cinema in sala, a ridere, commuoversi, trattenere il respiro tutti insieme, fino all’ultimo titolo di coda. E al contempo a permettere ai videomaker di presentare i propri lavori sul grande schermo, perché sempre più spesso sono tagliati fuori dai circuiti di sala e distributivi.
A quattro anni dalla sua creazione, The Next Generation è diventato un festival nazionale. Qual è il bilancio del percorso fatto finora e cosa ti aspetti da questa edizione?
The Next Generation Short Film Festival è una iniziativa coltivata, sin dalla sua prima edizione locale, con dedita cura e con graduale tenacia affinché potesse crescere negli anni forte di radici robuste. Nelle edizioni precedenti, la nutrita e accorata partecipazione del pubblico è stata per noi sempre conferma della necessità di riappropriarsi del cinema come strumento privilegiato di lettura critica delle dinamiche odierne, come linguaggio estetico obliquo, sfumato, a volte potentemente contestatario. Tuttavia, se pensiamo agli anni scorsi, abbiamo potuto, altresì, constatare che non sempre la qualità tecnica ed estetica delle produzioni candidate fosse all’altezza dell’idea creativa che le animava. Segnale sconfortante della carenza di risorse economiche pubbliche destinate al settore dell’audiovisivo indipendente e di qualità.
Affrontiamo questa edizione nazionale soprattutto con curiosità. Con sguardo franco e accogliente rispetto agli orizzonti semantici e stilistici che approderanno a noi.
Una riflessione sul tema di quest’anno: “geografie”.
In un momento storico in cui il paradigma dei dominanti è la demarcazione violenta dei confini, la traccia “geografie” è un invito a ridefinire creativamente le frontiere non in termini geo-politici, oppure a farlo in termini geo-politici rivoltosi e di testimonianza. Le “geografie” in grado di aprire respiro ai futuri che stanno arrivando con la ferocia e l’inesorabilità della Storia sono geografie intime, biografiche, capaci di narrare le transizioni in atto all’interno dei nostri sistemi corpo-identità-relazione, ma sono anche geografie comunitarie, collettive, corali, chiamate a descrivere con la potenza dell’immaginazione gli scenari pubblici e politici che violano e ingabbiano pulsioni e identità, che mortificano complessità e desideri in nome di uno sviluppo suicida, ostile all’uomo e all’ecologia.
State già pensando alla prossima edizione? Ci saranno novità?
Vorremmo che il Festival diventasse una festa cittadina, con eventi e proposte artistiche e culturali che accompagnassero il suo viaggio, un momento gioioso e di scambio per celebrare assieme la potenza e la magia del cinema, la sua capacità di incantare e spaventare, la sua forza civile e visionaria, il suo invito gentile ad accomodarci e a lasciare che le storie ci attraversino e ci cambino per sempre. Perché usciti da una sala cinematografica niente è mai quello che è stato prima. Il mondo ha un’altra luce, un altro punto di fuga.